Regione: Emilia-Romagna – Toscana
Con i suoi 26.148 ettari, il Parco è distribuito per buona parte a cavallo del confine regionale tra Toscana ed Emilia-Romagna, lungo in crinale montuoso con vette che raggiungono i 2000 m, e fanno da cerniera tra l’Europa continentale e il Mediterraneo. La particolare posizione rende i panorami particolarmente spettacolari, potendo ammirare contemporaneamente le Alpi e il mare. Territorio di antiche foreste di faggio, querce e castagni, ma anche di pascoli e rupi d’alta quota, il Parco ospita una flora ricca di specie, tra cui molte legate a climi freddi, retaggi delle passate epoche glaciali. Tra la fauna, anch’essa molto diversificata, sono segni di nota il lupo, l’aquila reale e il cervo, ma anche piccoli animali come la rara arvicola delle nevi.
Le specie
Primula appenninica

Foto di Patrizia Ferrari – da Acta Plantarum

Foto di Sergio Picollo – da Acta Plantarum
Piccola pianta erbacea, alta soltanto da 3 a 8 centimetri con un fusto robusto, legnoso alla base. Le foglie, a forma di spatola, sono dentellate e minutamente ghiandolose sul margine. I fiori, rosa pallido, sono riuniti a gruppi all’apice di un peduncolo.
Nome scientifico
Primula apennina Widmer
Famiglia
Primulaceae
Ambiente
Vive in rupi silicee umide, da 1300 a 1800 m di quota.
Categoria di rischio d’estinzione
LC (Least concern = a minor rischio) secondo la Lista Rossa della Flora italiana, mentre è VU (Vulnerable = Vulnerabile) secondo la valutazione della IUCN (International Union for the Conservation of Nature).
Lo sai che
Primula apennina è endemica dell’Appennino tosco-emiliano. Di massima, la specie vive in ambienti piuttosto conservativi quali rupi di alta quota, per lo più indisturbate in quanto difficilmente accessibili, ma i nuclei vicini ai sentieri possono essere esposti al calpestio. Un’importante minaccia sempre più incombente è rappresentata dal riscaldamento climatico globale: vegetando a quote elevate prossime al crinale, nel caso di un aumento delle temperature, sarebbe precluso alla specie uno spostamento verso aree di maggiore altitudine “più fresche” con gravi rischi per la sua conservazione. P. apennina è protetta a livello europeo dalla Direttiva “Habitat” 92/43/CEE in quanto specie di interesse comunitario che richiede la designazione di zone speciali di conservazione e una protezione rigorosa. Queste specie, volgarmente viene anche indicata “Orecchia d’Orso appenninica” per la forma delle foglie basali, ed è l’unica primula a fiori rosa dell’Appennino settentrionale.
Veccia del Monte Cusna

Foto di Patrizia Ferrari – da Acta Plantarum

Foto di Patrizia Ferrari – da Acta Plantarum
Leguminosa erbacea, alta fino a 50 cm. Le foglie sono divise in segmenti stretti e lunghi, e la parte terminale è trasformata di un organo filiforme, detto “cirro” con funzione prensile, con cui la specie si lega alle piante circostanti per trarne sostegno. I fiori sono riuniti in infiorescenze allungate, di colore rosa o viola. Il legume, peloso come il resto della pianta, contiene 2 o 3 semi bruno marmorizzati.
Nome scientifico
Vicia cusnae Foggi & Ricceri
Famiglia
Fabaceae
Ambiente
Vive in pascoli sassosi, da 1800 a 2100 m di quota.
Categoria di rischio d’estinzione
VU (Vulnerable = Vulnerabile) in Italia.
Lo sai che
Vicia cusnae è stata descritta in tempi relativamente recenti (1989) su piante raccolte nelle praterie d’alta quota del Monte Cusna (da cui prende il nome scientifico e comune) nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Descritta inizialmente come endemismo puntiforme, presente solo nell’area dov’era stata descritta, è stata rivenuta successivamente anche in Francia. Oggi, in Europa, V. cusnae è una specie ad areale fortemente disgiunto, presente sul Monte Cusna (che resta l’unica area di presenza in Italia) e sul massiccio d’Aurouze nel Departement Haute Alpes in Francia. È possibile che questa specie faccia parte di un gruppo di vicie affini molto antiche, presenti su altri massicci montuosi dell’area mediterranea, aventi un progenitore comune durante l’epoca Terziaria quando buona parte di queste aree erano in connessione tra loro grazie alla presenza di terre emerse dove oggi c’è il mare.